Gli pseudonimi nacquero in tempi antichi dall’esigenza di letterati ed intellettuali di celare la propria identità. La parola deriva dal greco (pseudès = falso, ònoma = nome).
Un particolare tipo di pseudonimo è il nome d’arte, introdotto in tempi moderni per permettere ad artisti e uomini di spettacolo di presentarsi al grande pubblico con un nome più bello o più semplice da ricordare rispetto al nome anagrafico.
Per tutt’altre ragioni, il poeta portoghese Fernando Pessoa inventò gli eteronimi (dal greco: èteros = altro, ònoma = nome), personaggi immaginari a cui Pessoa attribuì alcune delle proprie opere.
Pessoa inventò, inconsapevolmente, il suo primo eteronimo all’età di sei anni, quando, fingendo di essere un tale Chevalier de Pas, scriveva lettere indirizzate a se stesso.
In età matura, recuperò e sistematizzò l’intuizione fantasiosa dell’infanzia: creò vari personaggi (Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro, Bernardo Soares ed altri di minore rilevanza), ognuno con biografia, personalità, stile di vita e stile letterario propri, ed ognuno differentemente caratterizzato.
Pessoa produceva le sue opere e poteva, di volta in volta, firmarle col proprio nome oppure attribuirle, nella finzione letteraria, a qualche suo eteronimo.
Per esempio, nell’introduzione del “Libro dell’inquietudine”, Pessoa narra le vicende biografiche di un umile impiegato di Lisbona, un certo Bernardo Soares, da cui afferma di aver ricevuto il manoscritto di tale libro. Per bocca di Soares, Pessoa scrive le sue più cupe pagine di prosa poetica. Le placide poesie classiciste di Pessoa, invece, portano la firma di Ricardo Reis; quelle più sperimentali, vicine al simbolismo e al futurismo, la firma di Alberto Caeiro.
In questo modo, Pessoa poteva gestire la complessità della sua poliedrica personalità incanalando le diverse tendenze del suo carattere e della sua sperimentazione letteraria nei diversi eteronimi. In questo contesto “pirandelliano” di moltiplicazione dell’autore in eteronimi, il vero nome dell’autore, quasi fosse un eteronimo degenere, si chiama ortonimo (dal greco: orthòs = corretto, ònoma = nome).
In conclusione, mentre lo pseudonimo è soltanto un nome fittizio che sostituisce quello anagrafico, l’eteronimo è qualcosa di più: è un alter ego dell’autore, una proiezione della sua personalità che diventa mezzo espressivo. Infatti, Pessoa intuì che, oltre alla produzione poetica in sé, anche la vita di un poeta può essere “poetica” e dare un senso diverso alla produzione stessa. Così, potendo creare liberamente, oltre che le poesie, anche la vita del loro fittizio poeta, Pessoa estese le potenzialità espressive del poeta reale.
© Vittorio Bard
Un particolare tipo di pseudonimo è il nome d’arte, introdotto in tempi moderni per permettere ad artisti e uomini di spettacolo di presentarsi al grande pubblico con un nome più bello o più semplice da ricordare rispetto al nome anagrafico.
Per tutt’altre ragioni, il poeta portoghese Fernando Pessoa inventò gli eteronimi (dal greco: èteros = altro, ònoma = nome), personaggi immaginari a cui Pessoa attribuì alcune delle proprie opere.
Pessoa inventò, inconsapevolmente, il suo primo eteronimo all’età di sei anni, quando, fingendo di essere un tale Chevalier de Pas, scriveva lettere indirizzate a se stesso.
In età matura, recuperò e sistematizzò l’intuizione fantasiosa dell’infanzia: creò vari personaggi (Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro, Bernardo Soares ed altri di minore rilevanza), ognuno con biografia, personalità, stile di vita e stile letterario propri, ed ognuno differentemente caratterizzato.
Pessoa produceva le sue opere e poteva, di volta in volta, firmarle col proprio nome oppure attribuirle, nella finzione letteraria, a qualche suo eteronimo.
Per esempio, nell’introduzione del “Libro dell’inquietudine”, Pessoa narra le vicende biografiche di un umile impiegato di Lisbona, un certo Bernardo Soares, da cui afferma di aver ricevuto il manoscritto di tale libro. Per bocca di Soares, Pessoa scrive le sue più cupe pagine di prosa poetica. Le placide poesie classiciste di Pessoa, invece, portano la firma di Ricardo Reis; quelle più sperimentali, vicine al simbolismo e al futurismo, la firma di Alberto Caeiro.
In questo modo, Pessoa poteva gestire la complessità della sua poliedrica personalità incanalando le diverse tendenze del suo carattere e della sua sperimentazione letteraria nei diversi eteronimi. In questo contesto “pirandelliano” di moltiplicazione dell’autore in eteronimi, il vero nome dell’autore, quasi fosse un eteronimo degenere, si chiama ortonimo (dal greco: orthòs = corretto, ònoma = nome).
In conclusione, mentre lo pseudonimo è soltanto un nome fittizio che sostituisce quello anagrafico, l’eteronimo è qualcosa di più: è un alter ego dell’autore, una proiezione della sua personalità che diventa mezzo espressivo. Infatti, Pessoa intuì che, oltre alla produzione poetica in sé, anche la vita di un poeta può essere “poetica” e dare un senso diverso alla produzione stessa. Così, potendo creare liberamente, oltre che le poesie, anche la vita del loro fittizio poeta, Pessoa estese le potenzialità espressive del poeta reale.
© Vittorio Bard
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